lunedì 1 febbraio 2016

PREMIO LEOPARDI


Un alunno della scuola secondaria di I grado è risultato tra i vincitori del Premio Leopardi, la cui manifestazione conclusiva si è svolta il giorno 17 Gennaio 2016 presso Villa Macrina—Torre del Greco (NA). Leggiamo insieme una parte del saggio svolto.

(….)            Era una bellissima villa di due piani, di pianta quadrata, con la facciata esterna di colore rosa antico e la porta principale e le finestre decorate con timpani  in stucco. Su tre lati della villa c’era un portico con colonne sulle quali poggiava un’enorme terrazza affacciata da un lato sul Vesuvio e dall’altro sul golfo di Napoli. La villa era immersa nel verde e qua e là si intravedevano cespugli di ginestre che coloravano di giallo qualche angolo del giardino. Aprii la porta che  si trovava davanti a me e l’oscurità mi avvolse. Appena entrato la porta si chiuse alle mie spalle e davanti apparve uno schermo che trasmetteva un filmato su Giacomo Leopardi, una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nato a Recanati il 29 Giugno 1798 e morto proprio a Torre del Greco, la città in cui vivevo,  il 14 Giugno 1837. Come apparso dal nulla mi ritrovai davanti la persona che avevo incontrato  ore prima che mi disse che se volevo continuare a vedere dovevo stendermi e chiudere gli occhi. Così feci, ma dopo vari minuti decisi di riaprirli. Mi trovavo nello stesso posto e intorno a me non c’era più la bellissima villa dove ero entrato qualche minuto prima ma “un cubo bianco di intonaco nella distesa verde, folta ed ininterrotta sino alla spiaggia lontana, e circondato da una miriade di ginestre”.
Affianco a me trovai un foglio dove c’era scritta una data <<1836>>. Io la riconobbi subito. Era la data di quando Giacomo Leopardi era stato ospitato da Antonio Ranieri in villa Ferrigni o villa delle Ginestre. Capii che la casa che si trovava davanti a me era proprio Villa Ferrigni e che ero tornato indietro nel tempo. Alzai lo sguardo e fuori al balcone di una stanza del primo piano vidi una persona. Era di statura mediocre, chinata ed esile, di testa grossa, di fronte quadra e larga, d’occhi celesti e languidi, di lineamenti delicatissimi. Era solo e pensoso e assomigliava molto alla persona che mi aveva condotto lì. Mi avvicinai e capii subito che era Giacomo Leopardi. Guardava il Vesuvio e il mare e aveva un’espressione triste e rassegnata. Come un flash back mi tornarono in mente tutte le lezioni fatte in classe su di lui. A Villa Ferrigni, infatti, Giacomo Leopardi aveva scritto “La Ginestra” e “Il tramonto della Luna”.
“La ginestra” è la poesia che lui scrisse poco prima di morire. Ammirando quei paesaggi ho capito le emozioni da lui provate. Egli vede dalla sua finestra il Vesuvio, il monte sterminatore che nel 79 d.C. distrusse Pompei ed  Ercolano e che avrebbe potuto colpire ancora, e inizia a meditare sul destino dell’uomo che, secondo lui, deve prendere coscienza della sua fragilità di fronte al potere assoluto della natura, rappresentata ora dal vulcano. Utilizza la ginestra come metafora dell’uomo intelligente e consapevole della propria debolezza e inferiorità e contrappone il fragile fiore allo stupido orgoglio degli uomini che si illudono di essere i padroni dell’universo. La ginestra, un giorno, soccomberà alla forza della natura, ma almeno lo farà senza la viltà o senza l’orgoglio di chi pretende di essere immortale.
Inoltre, Leopardi, guardando le ginestre risorgere dalla lava pietrificata, capisce che esse riescono a vivere su quel terreno inospitale perché le loro radici si intrecciano e si aiutano l'una con l'altra per vivere, ed è a questo punto che fa la similitudine con gli esseri umani, dicendo che anche loro dovrebbero fare come le ginestre, cioè aiutarsi a vicenda per costruire un mondo migliore. È questo, forse, il primo e l’ultimo spiraglio di speranza in una vita di pessimismo.
E con un semplice gesto della mano e senza mai girare lo sguardo nella mia direzione si  congeda anche da me, rispedendomi nel  futuro.

Luigi Aurino 3G